“Sui Generis”..E tu di che genere sei?”

“Sui Generis”..E tu di che genere sei?”

Io sono Francesca Sorge. Nel corso della mia vita ho fatto un percorso da attivista nella comunità LGBTQIA+ e oggi sono qui su “TrentaQuaranta” per offrirvi storie, per condividere esperienze di vita e raccontare persone.

Io di che genere sono?

Quando ho cominciato il mio percorso da attivista, l’unica cosa che mi ripetevo nel tempo, era quella di dover mettere a sevizio le mie capacità e miei privilegi da donna istruita e provare a restituire alla società quella serenità e quell’aura di “normalità” che nella mia testa, e nel mio vissuto, non ci sono mai state.

Sono cresciuta in una famiglia borghese (si dice ancora così?!) molto unita, cattolica e praticante.

Madre casalinga, padre infermiere, casa in centro città. Sono andata nelle scuole migliori e nella parrocchia migliore, quella frequentata da tutta l’aristocrazia tranese (si dice ancora così?!). In settimana c’erano il catechismo, le lodi, i vespri, la Santa messa e ogni anno c’erano la Settimana Santa, l’adorazione eucaristica, i precetti, la Pentecoste, le domeniche d’avvento quanta neve che cadrà, la Quaresima, le processioni, i campiscuola, l’Azione Cattolica che mi ha fatto incontrare il mio primo (e unico) grande amore.

Ho vissuto sempre così: interrogandomi costantemente sul perché due omosessuali non potessero avere dei figli, discutendo a tavola con i miei sul concetto di “normalità” rispetto alle diverse identità e orientamenti di genere.

Lottavo già contro retaggi culturali degli anni ’90 che stavo vivendo, pur leggendo il Cioè e baciando i poster dei Take That appesi nelle ante dell’armadio, senza sapere che la mia vita mi avrebbe portato a essere ciò che sono adesso.

Forse avrei dovuto capirlo quando l’altra Francesca giocava a calcio, , quando si sentiva dire dalla mamma “Ho due figli maschi”, quando non indossava le gonne, quando giocava con le micromachines o commentava con il suo ex le donne in tv. La maestra dell’asilo mi cantava sempre “Tu Vu Fa L’americano” perché mi sedevo a gambe aperte anziché composta “come tutte le signorine”.

Ma non voglio cadere nel solito stereotipo di genere: è semplicemente il mio passato, è la mia storia.

Resto così e non me ne vergogno.

Resto credente (forse?!) e non me ne vergogno.

Così come non mi vergogno della mia omosessualità.

Quattro anni fa sono scappata dalla mia Trani approdando Milano, la città che mi ha accolta ridandomi una nuova vita, che mi ha regalato la bellezza della diversità, della libertà e del sentirsi se stessi.

Uno scenario completamente nuovo si è aperto, una vita per certi versi migliore e come sempre con il cuore spaccato a metà.

Quanto è liberatorio essere se stessi?

Francesca, 38 anni, pugliese di nascita e milanese di adozione, fiera omosessuale. Ok si, questa sembrava più una citazione da Ciao Darwin.

Ci sono voluti anni di terapia per “normalizzare” questo concetto a me stessa e ora è arrivato il momento di “normalizzarlo” attraverso i miei strumenti e di raccontare altre storie. Per questa motivo nasce questa nuova rubrica intitolata Sui generis. E tu di che genere sei?

Se qualcuno dovesse chiedermi “E tu di che genere sei?” io risponderei: “Un genere pazzo” come mi ha sempre definito mia madre.

Sui generis. E tu di che genere sei?

L’enciclopedia Treccani definisce “Sui Generis” come

“Tutto ciò che, per l’originalità e singolarità della sua natura fa”.

Ed è quello che ognuno di noi dovrebbe essere: semplicemente se stesso. “Sui Generis” sarà la rubrica che curerò per Trentaquaranta.

Troverete nella mia stanza un’ intervista al mese, ogni 17 del mese; racconterò storie di persone “sui generis” appartenenti alla comunità LGBTQIA+, che poi sono semplicemente storie di passioni, di dolore, di amore, di lotta, di condanne e di orgoglio. 

La bellezza della condivisione è proprio nei racconti.

Non vedo l’ora di scoprire insieme a voi di che genere siete.

Francesca Sorge

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