
Museo della moda di Bath, la tua prossima meta fashion
La moda ci accompagna da secoli, ma è spesso un campo della cultura sottovalutato. Per fortuna ci sono molti musei e fondazioni che portano avanti una puntuale attività di divulgazione. Sono stata al Bath Fashion Museum e vi racconto perché l’ho amato.
Vale la pena fare un viaggio a Bath?
La risposta è si. Io l’ho inserita come tappa in un tour in UK (è nel Sormerset) e non me ne sono pentita. Il nome indica i bagni termali, costruiti dai Romani, che trovarono qui l’unica sorgente termale di tutta la Gran Bretagna e ci si fermarono. Dopo secoli, le Aquae Sulis ancora dominano la vita della bellissima cittadina, costruita e prosperata nei secoli intorno al turismo termale. In epoca Georgiana i numerosi turisti ricchi e benestanti diedero uno sprint alla costruzione di meravigliosi edifici, strade, ponti. Tuttora Bath deve il suo benessere al turismo, perché è davvero deliziosa. Nel 2021 è stata dichiarata patrimonio dell’umanità dall’UNESCO.
Fashion Museum Bath
I musei dedicati alla moda corrono il rischio di apparire, agli occhi dei visitatori, come una mera esposizione di vestiti. La visita sembra una passeggiata tra le vetrine. Il Museo della moda di Bath, invece, è progettato come un vero e proprio percorso nella civiltà umana e nella sua più evidente rappresentazione: i vestiti. Se in un museo di storia naturale si parte dai dinosauri per arrivare alle più recenti scoperte, nel museo di Bath si parte da lontano fino ad arrivare ai look più moderni post-pandemia.
La prima parte è dedicata alla fine del 1500, gli abiti dell’era Tudor sono esposti e spiegati in ordine di vestizione: dalle maglie ai panciotti fino alle cappe. Pezzo importante del museo è la collezione di guanti di Robert Spence, artista di fine ottocento che li collezionò per tutta la vita, donandoli infine ad una fondazione, con la promessa di lasciare in eterno la collezione di 130 elementi intatta. I guanti erano un vero e proprio luxury item nel 600, e potete ammirare guanti che vanno dall’età di Shakespeare, passando per il regno di Carlo II e Giacomo II.

La parte dedicata al 1700 ha un importante esposizione di robe à la française, un tipo di abito di seta aperto sul davanti, che lascia vedere la sontuosa gonna. Un doppio livello di estro e altissima artigianalità. Nel 700 in Francia gli abiti erano tenuti talmente in considerazione da essere paragonati alle altre forme di arte. Sono gli anni di Luigi XIV e Madame Pompadour, che oggi definiremmo una vera e propria influencer. Nessuna come lei ha saputo fa evolvere lo stile di una nazione -la Francia- ma anche di tutta l’Europa. Nata borghese, cresciuta tra salotti letterari e filosofici, al ballo del Delfino colpisce Luigi XIV, che ne fa la sua amante. Il suo gusto moderno e visionario ha contribuito alla nascita del Rococo’, alla creazione dei tacchi a spillo, e ha dato un boost al concetto di moda come potere.
Negli stessi anni gli inglesi scendono in guerra contro i francesi, per il dominio sulla Compagnia delle Indie orientali. La battaglia, vinta nel 1750, dà inizio al dominio degli inglesi sull’India, portando la cultura indiana in Occidente. Esempio di questa contaminazione è l’utilizzo del banyan maschile, una sorta di sottana in seta o cotone, indossata dalla dinastia Mughal in India. Da questa veste nasce il pigiama.
Dagli anni 20 agli anni 50
La parte più sparkling del Museo della moda di Bath è sicuramente quella dedicata agli anni 20, che si dipana fino agli anni 50. Tra i pezzi più belli c’è un abito più unico che raro, una sorta di costume da fuoco. Gli abiti di questo tipo erano molto in voga tra gli anni 20 e gli anni 30, quando eventi esclusivi e serate danzanti erano all’ordine del giorno. Questo bellissimo pezzo creato da Reville e Rossiter fa sognare magiche serate nei ruggenti anni 20. Un altro abito che da solo vale la pena della visita, è l‘iconico ‘Henri Sauguet’ di Dior, creato dal couturier in persona per Madame Massigli, la moglie dell’ambasciatore francese dell’epoca.

Gli abiti dell’ultimo decennio
Prima dell’uscita, il percorso si conclude con una carrellata degli stili e degli abiti manifesto degli ultimi anni. Le t-shirt “Black Lives Matter”, gli abiti cuciti durante la pandemia da Ian Jeffries, l’outfit indossato da Naomi Campbell durante il Covid-19 mentre girava il suo documentario “Being Naomi”, sono solo alcuni dei documenti tessili che testimoniano i cambiamenti sociali e culturali del nostro tempo. Molti sono stati donati direttamente dai possessori, per condividere con i visitatori momenti importanti del nostro decennio.

Giocare con la moda
Se avete bisogno di un break da guanti, cappelli, sete e taffetà vi consiglio di giocare un po’. Nel museo c’è infatti una piccolo salotto dedicato ai visitatori: qui troverete molte riproduzioni di abiti storici (dal 600 al 900) che potrete indossare, con tanto di cappelli abbinati. Difficile trovare un’ esperienza più instagrammabile di questa! Gli abiti vengono puliti e disinfettati e ci sono molti specchi per fare foto e selfie.
Guardate che look:

Micaela Paciotti