La valigia sempre pronta: una rassicurante coperta di Linus
“Rimpatriati”: la storia di Angela
Io e Angela abbiamo appuntamento in un bar di Trani, che si trova proprio davanti al porticciolo turistico. In questa giornata primaverile ci sono anche delle barche a vela che lasciano il porto e che mi fanno pensare alle partenze, ai viaggi e ai ritorni.
Mentre sono assorta in questi pensieri vedo Angela venirmi incontro. Sembra una pin-up. Ha il rossetto rosso e un vestito a pois, con il classico trench che fa subito british.
Tra le mani custodisce una macchina fotografica analogica vintage.
Ciao Angela, vuoi raccontare la tua storia?
Ho 42 anni, sono originaria di Trani (Bat) e sono tornata in Puglia da una decina d’anni, dopo tanto girovagare. Ho studiato Lingue a Bari. Ho frequentato qui la laurea triennale. All’epoca il curriculum universitario era però strutturato in modo tale da farti diventare insegnante e io sapevo con certezza che non sarei voluta diventare una docente. Il mio sogno era coniugare la passione per l’inglese e quella per il cinema e la televisione, l’audiovisivo insomma. Ho quindi cercato una Laurea Specialistica che mi permettesse di raggiungere questo obiettivo e mi sono iscritta alla magistrale di Lingue per i media ad Arezzo, che non é propriamente una città universitaria, in quanto c’é la sede distaccata dell’Università di Siena.
Mi sono trasferita in Toscana, poi ho fatto anche un anno di Erasmus in Inghilterra, quando sono tornata ho finito la specialistica e mi sono laureata.
Ad Arezzo mi sono creata la mia “famiglia”. Sai, quando sei fuori sede crei dei rapporti profondi con le persone con cui condividi la tua quotidianità. Tornavo a Trani giusto per le vacanze di Natale e Pasqua e avrei, a volte, anche fatto a meno di tornare (ride ndr).
Nella mia “famiglia” aretina eravamo un mix di studenti e lavoratori ed eravamo molto affiatati. Sai Arezzo è una piccola città, quindi noi eravamo un gruppo ristretto e molto unito. La situazione era molto raccolta.
Come hai conosciuto i tuoi coinquilini? Come hai cercato casa? Hai trovato il classico annuncio nella bacheca dell’Università?
Ti spiego, è successa questa cosa, questa coincidenza incredibile. Io non sapevo come muovermi e stavo parlando con un mio amico di Trani che all’epoca abitava e Firenze. Lui mi racconta che suo cugino che viveva ad Arezzo stava cercando proprio in quel momento una nuova coinquilina a cui affittare la stanza che si era appena liberata. Sono quelle cose che ti parlano! Io ho trovato quindi subito casa davanti all’Università. C’era la casa, un parchetto che dovevi attraversare e la facoltà. Ho pensato “questa casualità mi sta dicendo che devo proprio partire per Arezzo”.
Io mi sono ritrovata immediatamente in un mondo accogliente, non ho dovuto creare dei rapporti da zero. Poi quando abbiamo cambiato casa, a causa di un coinquilino problematico, abbiamo preso in affitto un appartamento più grande. Sono stata io quindi ad affiggere i bigliettini in facoltà ed è stato così che ho conosciuto Martina, che è poi diventata una mia carissima amica con la quale ho condiviso un’importante parte di vita. Lei era al primo anno e viveva con una signora anziana nell’attesa di trovare una stanza con altri studenti.
Dopo aver terminato la specialistica sono andata via da Arezzo. Sono andata a Forlì dove mi sono iscritta a un Master in Screen Translation, all’interno della Scuola per interpreti. Arezzo è rimasta la mia casa, il mio punto fermo: nei fine settimana tornavo sempre lì.
Invece di tornare a Trani andavi ad Arezzo?
Sì, anche perché avevo anche un ragazzo ad Arezzo. C’era poi la “famiglia”, i miei ex coinquilini. Questo non mi ha impedito di creare rapporti di amicizia profonda anche a Forlì. Noi del Master non avevamo contatti con altri studenti, perché magari erano più piccoli, avevano altri giri e interessi. Anche qui la situazione era “raccolta”. Eravamo in quindici nella nostra classe. Tra questi alcune ragazze abitavano a Bologna e si muovevano come pendolari, quindi il gruppo era veramente ristretto.
Sei andata via anche da Forlì?
Per concludere il Master ho fatto uno stage a Roma presso uno studio di post-produzione dove avevano bisogno di una traduttrice/adattatrice per i testi da mandare al doppiaggio. Sono rimasta per due mesi a finire il tirocinio. Poi sono tornata a Trani, perché non avevo più una casa a Forlì e ho continuato a fare dei lavori per lo studio di Roma.
In pratica dopo aver conseguito il Master da Roma hanno espresso la volontà di avermi come traduttrice fissa in ufficio e quindi mi sono preparata per il mio terzo trasferimento, questa volta nella capitale. Qui a Roma ho cambiato cinque case, una per ogni anno di permanenza (ride ndr). Il concetto di casa è stato abbastanza mutevole.
Comunque a un certo punto nello studio c’era una collega che è andata in maternità e avevano bisogno di sostituirla, quindi io ho contattato una mia amica calabrese del Master. Lei si è candidata, l’hanno presa, si è trasferita a Roma e abbiamo preso casa insieme. Si era creato un rapporto di “iperfamiglia”. Ci separavamo solo per dormire.
Quali differenze hai trovato tra Arezzo, Forlì e Roma?
Arezzo è bellissima -ci sono spunti culturali ad ogni angolo- anche se è un po’ provinciale: con i ragazzi aretini è stato difficile fare amicizia, erano pochi quelli aperti a fare nuove conoscenze. Ad Arezzo ho comunque fatto tante esperienze importanti. Mentre scrivevo la tesi ho anche lavorato come insegnante di italiano per stranieri e ho conosciuto tanta gente interessante, aperta alla conoscenza e allo scambio culturale.
A Forlì ci sono stata solo sei mesi e non l’ho praticamente vissuta. Le occasioni di incontro erano in casa, abbiamo fatto poca vita sociale in città. Forlì la ricordo più per le persone che per la città.
Roma è tosta. Pensa che in tempi non sospetti avevo dichiarato che “a Roma non avrei mai vissuto”. È tutto tanto: tanto grande, tanto lontano, tanto affollato. Passavo da posti a misura d’uomo a una città immensa, che non ho mai vissuto benissimo. Poi per carità Roma è Roma.
Direi che è stata anche la città dove tu hai realizzato le tue ambizioni, i tuoi sogni?
Sì, sicuramente. Rispetto al mio sogno Roma era the place to be, la città dove realizzare il desiderio di conciliare l’amore per le lingue e l’audiovisivo. A livello lavorativo gli anni a Roma sono stati davvero tanto soddisfacenti, pieni. Avevo raggiunto un traguardo, mi guardavo indietro e mi dicevo: “ce l’ho fatta!”. Ho tradotto di tutto: alcune puntate della serie sulle Kardashian, un documentario-indagine sulla morte di Diana, partite di sport, programmi di politica.
Dal punto di vista della vita privata Roma è stata un limbo, sapevo che non ci sarei rimasta ma non sapevo dove andare, quale sarebbe stata la tappa successiva.
Quando sei rimpatriata a Trani?
I miei capi mi hanno permesso di lavorare in smart working. La tipologia di lavoro lo consente, quindi sono tornata a Trani. Dopo tanti anni da girovaga avevo bisogno di una mia stabilità, della mia indipendenza. Sentivo la necessità anche di vivere in una casa che fosse mia e basta.
Cercando casa su Trani si è verificata un’altra strana coincidenza. Stavo parlando con i miei amici, raccontavo loro del fatto che volessi tornare in Puglia. Una mia amica mi ha messa in contatto con un suo amico che affittava un bilocale in zona porto, una zona a me tanto cara, perché mio padre aveva un bar lì e io abitavo nella casa sopra il bar. Insomma è una parte di Trani dove sono cresciuta, con cui ho un legame fortissimo. Prendere quella casa è stato un ritorno alle mie radici. Anche questa casualità mi ha fatto capire che la strada era quella giusta.
Come mai non sei tornata ad Arezzo?
Non aveva senso, la famiglia era sparpagliata. Non avrei più ritrovato l’ambiente e l’atmosfera che avevo lasciato. Si sono create invece le condizioni per tornare a Trani. Di lì a poco sarebbe nato anche il mio nipotino e ne ero molto felice.
La verità è che neanche io ero certa di quello che stavo facendo; infatti quando ho firmato in contratto 4+4 non ero convintissima. I miei amici mi tranquillizzavano del fatto che c’era la possibilità di andare via dando due mesi di preavviso (ride ndr).
Come è stato il rientro in Puglia?
Eh io l’avevo lasciata da studentessa universitaria, quando la mia vita aveva una certa leggerezza con le serate, le colazioni alle 5 del mattino. Quando sono tornata avevo delle responsabilità e l’ho vista sotto un’altra luce, come se fossi una turista. Ho iniziato ad apprezzare di più anche il patrimonio artistico e culturale. L’ho riscoperta. Poi abitando sul porto avevo tutto sotto il naso.
Mi sono anche dovuta riadattare a certi modi di vivere e di pensare. Io ero abituata a vivere nella distanza i miei amici e la famiglia. Viverli da vicino, per quanto siano tutti super tranquilli, mi dava la percezione di mancanza d’aria. Ma era una mia sensazione, loro non sono soffocanti.
Ti sei mai pentita di essere tornata a Trani?
Ormai sono dieci anni che sono qui di nuovo, altro che 4+4. Nel frattempo ho comprato la casa di mia nonna, dopo la sua scomparsa. Sono tornata doppiamente alle origini, è un ritorno costante.
Il mio pentimento è abbastanza ricorrente, però non me ne vado mai. Sono sempre un po’ insofferente. Non so ancora quale è il mio posto. Ho la valigia facile. Mi rammarico sempre di non aver fatto un’esperienza lavorativa all’estero, per esempio. Ce l’ho sempre il tarlo. Nel frattempo gli anni passano e per qualsiasi spostamento devi pensarci un po’ di più, per quanto comunque a volte mi sento soffocare.
Infatti sento il bisogno di andare via per raggiungere i miei amici, come per esempio Martina, che vive a Firenze. Avere la valigia sempre pronta è linfa vitale che serve per ricaricarmi. Anche la mia casa è sempre pronta ad ospitare le persone che ho incontrato in questi anni, è un nido dove creare quelle situazioni che non ci sono più. Il mio divano-letto è sempre a disposizione.
Rimpatriati è una rubrica dedicata a chi è tornato a casa e a chi vorrebbe tornare ma non ha ancora trovato il coraggio di fare la valigia. La grafica è di Marisa Tammacco.
Valeria de Bari
Un pensiero su “La valigia sempre pronta: una rassicurante coperta di Linus”
Una bella storia di Vita… come spesso accade c’è sempre il forte richiamo della propria Terra…