“Povere creature!”: un inno alla libertà del corpo e dello spirito

“Povere creature!”: un inno alla libertà del corpo e dello spirito

Il regista Yorgos Lanthimos, con i suoi film, ci ha abituato a universi paralleli in cui il nostro senso logico viene sospeso dopo pochi secondi dai titoli di testa.

“Povere creature!” non è diverso: ci abituiamo quasi subito a cani con la testa di un’oca o a galline con la testa di un bulldog francese, ridacchiando giusto all’inizio. L’universo che crea il regista segue regole coerenti nella sua visionarietà: dai costumi alla fotografia, dai dialoghi alla trama, la sensazione di omogeneità e verosimiglianza è confortevole, pur osservando un racconto fuori dai canoni.

La bizzarria, il grottesco, la crudeltà di Lanthimos, segni distintivi dei suoi precedenti film molto cupi, stavolta virano leggermente sul registro della commedia, regalandoci personaggi indimenticabili e momenti di pura comicità.

La trama di “Povere creature!”

Una giovane donna incinta si toglie la vita gettandosi da un ponte, lo scienziato Godwin (William Defoe) ne recupera il corpo e tenta un esperimento: trapianta il cervello del feto nella scatola cranica della madre. La nuova creatura è quindi una giovane donna con il cervello di un neonato.

Bella (una immensa Emma Stone), così viene chiamata questa donna nuova, viene seguita nei progressi lessicali e comportamentali dal suo creatore Goodwin e dal suo assistente, il dolcissimo Max (Ramy Youssef). Bella cresce velocemente e presto scopre il suo corpo, come fonte di piacere e di emozione. Da esperimento mostruoso diventa una donna che vuole conoscere il mondo e vivere la libertà del sesso.

Inizia qui un viaggio di formazione diviso in capitoli (io adoro i film divisi in capitoli) in cui lo spettatore segue Bella nelle sue avventure con il losco avvocato-latin lover Duncan Wedderborn (un esagerato e divertente Mark Ruffalo).

Bella fa e dice quello che vuole, come vuole, come sente. E lo fa senza arroganza o prevaricazione, lo fa perché non capisce il motivo di non farlo. E se anche le nostre vite funzionassero così? Se anche noi potessimo vivere una vita trasparente e seguire i nostri legittimi impulsi senza necessariamente mediare in continuazione con le regole della società o della morale?

Proviamo imbarazzo per Bella o ci domandiamo con inquietudine se siamo veramente liberi? Forse le povere creature siamo noi?

In anni in cui la riflessione sul corpo delle donne e sul patriarcato sembra quasi spalmata e appiattita su ogni argomento, questo film riporta l’attenzione sul ruolo del borghesismo e su regole che non abbiamo il coraggio di rompere.

Il viaggio della nostra eroina prosegue in una maggiore consapevolezza di sé stessa, dei suoi desideri, delle sue aspirazioni professionali e politiche. Senza mai essere bloccata dalla voce interiore che dice “non sta bene, non si può fare, nessuno lo ha mai fatto prima”, Bella vive la sua vita nella purezza e nella coerenza assoluta e, alla fine, non possiamo fare a meno di voler vivere almeno un giorno della nostra vita così.

Costumi, fotografia, scenografia di “Povere Creature!”

La costruzione di un macrocosmo di senso coerente è un’impresa davvero impegnativa, soprattutto in un film che cambia così spesso la location degli eventi. Le reference più evidenti appartengono all’estetica Art déco: il bianco e nero iniziale, i dettagli anatomici, il design degli edifici, i macchinari rétro ricordano Metropolis di Fritz Lang e le fotografie di Man Ray. Ma non solo: la fotografia volutamente artificiale con colori surreali ricorda le fiabe filmiche di Terry Gilliam e l’immaginario steampunk de Il giro del mondo in 80 giorni.

Menzione speciale per i costumi, che sono -per me- il paradiso. Holly Waddington, costumista nota per produzioni epiche (Scontro tra titani, Lady Macbeth, War horse), porta in scena una narrazione fortissima grazie proprio agli abiti di Bella. All’inizio del film, quando è ancora una creatura appena venuta al mondo, gira per la casa avvolta e coperta in maxi drappeggi bianchi raffinati ma quasi fanciulleschi (pigiamini, jumpsuit, ampie vestaglie da camera). Man mano che cresce la sua intraprendenza, e che appare sullo schermo il colore, anche gli abiti evolvono con lei. I rimandi allo stile vittoriano sono molti, ma mai fedeli all’epoca: Bella è libera anche di mixare e giocare con gli abiti, di scoprire le nuance pastello, le trasparenze, i corpetti e i tulle, le code di sirena e i maxi colli. Infine, sperimenta la sua nudità.

Menzione speciale per gli stivaletti, che invece sono un omaggio allo space age look anni 60 di Pierre Cardin, André Courrège e Paco Rabanne. Un richiamo all’estetica futuristica di un periodo magico, in cui l’uomo andò sulla luna e la moda si interrogò su come si sarebbero vestite le donne del futuro e dello spazio.

Candidature all’Oscar di Povere Creature!

Per tutto quello che vi ho raccontato finora, e per altri motivi che scoprirete da soli, Povere Creature! è candidato in ben 11 categorie: miglior film, miglior regia, miglior attrice protagonista (Emma Stone), miglior attore non protagonista (Mark Ruffalo), miglior sceneggiatura non originale, miglior montaggio, miglior scenografia, miglior fotografia, migliori costumi, miglior trucco e acconciatura e miglior colonna sonora.

Micaela Paciotti

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