Quando il “posto fisso” non è tutto
“Rimpatriati – Expat”: la storia di Paolo
Paolo è una persona molto disponibile, visto che accetta di condividere la sua storia in un caldissimo pomeriggio estivo alle 17:00, in un bar senza aria condizionata, quando la temperatura percepita è di 36 gradi e la percentuale di umidità tocca il 70%.
Ha una voce calda e profonda. Se stessimo giocando a I soliti ignoti ipotizzerei che lavora come speaker in radio e mi sbaglierei, perché Paolo è un “nerd informatico”, come egli stesso si definisce.
Paolo, vuoi raccontarmi chi sei?
Mi chiamo Paolo e ho appena compiuto 55 anni. Sono nato e cresciuto a Molfetta, in provincia di Bari. Nel 2006, quando avevo 37 anni, sono andato a Roma. Mi sono trasferito nella capitale per lavorare con Apple, nel primo Apple store dell’Europa continentale, come tecnico, il cosiddetto Mac Genius. Apple aveva annunciato l’apertura di questo primo negozio…in quel momento c’erano pochissimi Apple store: un centinaio in America, qualcuno in Inghilterra e due in Giappone. Stop! Quando parlo di Apple store intendo negozi gestiti direttamente da Apple, che sono diversi dai rivenditori. Io all’epoca ero un fanatico dei computer Apple e ne ero anche esperto da autodidatta.
Insegnavo nella scuola primaria da nove anni: facevo il maestro. Mi sono diplomato al Magistrale nel 1988, ho vinto il concorso nel 1995 e nel ’98 ho iniziato a insegnare di ruolo. Per un anno sono stato a Vicenza, dove avevo vinto il concorso, poi ho chiesto il trasferimento in Puglia e sono approdato in una scuola di Corato dove ho lavorato per 8 anni, perché stavo benissimo: bella scuola, bei colleghi, brava la direttrice.
Il lavoro di maestro ti piaceva?
Mi piaceva molto e quindi non mi sono più spostato. I primi anni facevo il pendolare, poi mi sono trasferito a Corato. Da qui sono andato via, perché mi sono licenziato. Ho infatti deciso di inseguire questo sogno di lavorare per Apple.
Molti avranno pensato che tu abbia fatto una pazzia. Chi lascerebbe il “posto fisso”?
In Italia “posto fisso” statale significa che arriverai alla pensione, che nessuno ti può licenziare...
A me il lavoro dell’insegnamento piaceva, tutto il contorno amministrativo, burocratico e politico mi piaceva meno. Lo stare in classe con i bambini era uno spettacolo, però avevo questo hobby, la passione per i computer, di cui mi occupavo già da qualche anno nel tempo libero. Ho compilato quindi l’Application Form, per partecipare alle selezioni per la posizione di Mac Genius, ho fatto due colloqui e sono stato preso. Considera che hanno selezionato 8 Genius su centinaia di candidati.
Quando mi hanno comunicato la notizia ho dovuto decidere di andare a Roma, ho iniziato a lavorare in un centro commerciale facendo i turni, anche nel weekend. C’è stato uno stravolgimento completo delle mie abitudini lavorative, che però è stato divertente. Non mi sono mai pentito di questa scelta, questo lo posso dichiarare con certezza e tranquillità.
A 37 anni si è ancora giovani e si può stravolgere la propria vita…
Sono d’accordo, anche se ricordo che durante il primo colloquio, con la persona che si occupava dello screening iniziale dei curricula, lei cercava di capire, girandoci intorno, per quale motivo io volessi lasciare la mia posizione per la nuova. Come se pensasse: “ma tu che cosa cerchi? Hai un posto fisso in Puglia, dove abiti. Perché vuoi andare via?”. Io ho semplicemente spiegato che avevo questa passione e che quindi volevo fare questa esperienza.
A Roma sono rimasto 5 anni. Dopo i primi due anni Apple ha iniziato ad aprire altri Apple store in Italia (ad oggi 17), quindi ha iniziato ad assumere nuovi tecnici. Io sono stato scelto come Guest Trainer, ovvero formatore dei nuovi tecnici. Nel frattempo continuavo a lavorare nel negozio a Roma. Quindi cosa succedeva? Andavamo a Londra e per due settimane addestravo i tecnici nel centro deputato al training, poi tornavo in negozio. Questo impegno l’ho portato avanti per due anni abbondanti.
A un certo punto, visto che mi piaceva fare il formatore, apprezzavo il team e il manager, ho “applicato” per una posizione da trainer fisso e sono stato preso, anche perché già lo facevo, seppur da Guest. Nel 2011 mi sono trasferito a Londra.
Quanto tempo sei stato a Londra?
Dal 2011 al 2020. Fino al 2018 ho continuato a fare lo stesso lavoro per Apple e mi piaceva moltissimo. Poi nell’ultimo periodo sono cambiate alcune dinamiche e alcune persone. Quando un mio collega è andato via ho pensato: “Si può lasciare Apple!”.
Beh se si può lasciare il Ministero dell’Istruzione e del merito immagino si possa lasciare anche Apple.
Per la seconda volta dopo il licenziamento da scuola mi sono guardato un po’ intorno a Londra, dove cercare lavoro è molto più semplice, e ho trovato lavoro come trainer in un’azienda americana. Per chi conosceva la mia passione per i prodotti Apple è stato uno shock. Con questa azienda e con quella successiva non mi sono trovato particolarmente bene. Alla fine del 2019 sono stato assunto da AWS, Amazon Web Services, che si occupa di servizi Cloud, server e storage virtuali. Qui facevo il formatore di partner, di aziende reseller, rivenditori, consulenti che usano i servizi AWS per i loro clienti.
Ho cominciato con questo lavoro a fine 2019. La natura del ruolo all’epoca era quella di viaggiare facendo lezione o in una sede Amazon o presso il cliente. L’idillio però è finito presto. La mia prima classe era a Milano la terza settimana di febbraio 2020. Sono tornato a Londra e il giorno dopo avevo i sintomi del Covid. Sono stato il paziente 15 del Regno Unito.
Non ci posso credere…
Mi hanno messo in isolamento per due settimane, perché non sapevano cosa fare… Sono stato anche molto fortunato, perché a parte il primo giorno in cui ho avuto febbre e dolori vari poi sono stato discretamente già dal secondo giorno.
Con la consapevolezza che c’era in atto una pandemia la natura del lavoro è cambiata: abbiamo cominciato a lavorare da remoto. Nella primavera 2020 io lavoravo da casa mia a Londra, facendo training per classi inglesi e italiane. Viste queste condizioni e considerando il fatto che mia madre non stava tanto bene, ho chiesto di poter lavorare dalla Puglia e la mia richiesta è stata accolta.
È così che sei rientrato a Molfetta, alla base. Come hai trovato la tua città?
Bella domanda! Non lo so, non la vedo cambiata: è sempre uguale a se stessa, quasi immobile. Molti dicono “ora è sporca; è aumentato il livello di criminalità”. Io non ricordo fasti nel passato, quindi non la posso vedere peggiorata.
Come è stato passare da Londra alla provincia pugliese?
I pro di una città piccola da un punto di vista pratico sono assoluti. Non perdere un’ora e mezza per andare a lavorare e un’ora e mezza per tornare da lavoro a casa è un plus. Ti riappropri del tempo, ovvero di una risorsa fondamentale. Qui finisco di lavorare alle 17 e alle 17:05 sono al bar a farmi un caffè con un amico, cosa che a Londra ti puoi sognare, visto che il tuo migliore amico abita a un’ora di metropolitana dal tuo posto di lavoro. Certo a Londra ci sono i teatri, i musei, i concerti. Se un artista internazionale fa un’unica tappa in Europa stai certa che la fa a Londra. Il punto però è che se abiti in questa città con i ritmi di cui sopra non è che vivi nel museo, nel teatro o nel cinema; una buona parte del tuo tempo la passi a casa a defaticare. In una città come Londra quando esci da lavoro vedi i tuoi colleghi al pub, se hai già organizzato qualcosa lo fai direttamente dopo il lavoro: se torni a casa e ti togli le scarpe è finita.
Il contro principale di una città come Molfetta invece è che Tinder non funziona (ride ndr), perché è vuoto. Qui, secondo me, l’utente maschile tipico (da quello che mi raccontano le mie amiche) è sposato/fidanzato e sull’App cerca la “scappatella”. Le dating app a Londra funzionano anche solo per fare amicizia, se vuoi uscire a bere una birra con qualcuno che magari non vedrai mai più.
A Molfetta perlomeno le persone che già conosci le frequenti in modo più libero, fluido. Qui non c’è niente di strano se un amico alle 20:00 ti chiede di andare a fare una pizza. A Londra è impensabile fare un invito all’ultimo minuto, bisogna progettare tutto: “Allora ci vediamo tra due martedì?”.
Devi avere un file Excel per organizzare la vita sociale. A quattro anni di distanza che bilancio fai?
Sono successe tante cose in quattro anni. Mia madre non c’è più, quindi la mia priorità non c’è più. Continuo a restare qui, perché non ho intenzione di andare altrove: sto invecchiando (ride ndr). Alla fine ci sto bene e quando posso vado via: sono appena tornato dal Cammino di Santiago di Compostela. Non mi sono pentito di essere tornato: è comunque una decisione reversibile, ma qui ci sono i miei amici che contano.
Rimpatriati è una rubrica dedicata a chi è tornato a casa e a chi vorrebbe tornare ma non ha ancora trovato il coraggio di fare la valigia. La grafica è di Marisa Tammacco.
Valeria de Bari