Da Firenze a Milano con un biglietto di andata e ritorno

Da Firenze a Milano con un biglietto di andata e ritorno

“Rimpatriati”: la storia di Maria

Forse ora non lo capisco, ma tra qualche anno mi guarderò indietro e mi renderò conto che ero (anzi sono) felice.

Maria

Maria è una giovane donna (ha tra i trenta e i quaranta anni) e la prima cosa che mi colpisce del suo viso è la brillantezza del verde dei suoi occhi. Ha un naso alla francese, all’insù, una fossetta che spunta quando sorride e le guance rosse.
Ha un accento inconfondibilmente toscano ed è vestita con un look punk rock.
Sorseggia un bicchiere di vino rosso mentre chiacchieriamo.

Quando, come e perché sei andata via da casa? 

Sono andata via di casa a 24 anni per fare un master a Milano ma erano anni che programmavo di partire. Mi sono laureata nella mia città mentre lavoravo per mettere da parte i soldi per andarmene.
La mia città mi è sempre stata stretta e volevo di più. La prima opzione era Londra ma sono entrata in un master che partiva dopo un anno quindi ho scelto Milano perché per frequentare il master qui potevo partire subito dopo la laurea.

E come è andata nella nuova città? Com’è stato l’impatto iniziale?

L’impatto è stato subito positivo, dispersivo ma in senso buono. Ero in una fase della vita in cui volevo tutto e lo trovavo. Non lo sapevo ma ero felice e avevo una mia vita. Di casa mia mi mancava davvero poco almeno all’inizio.
Alla fine mi mancava il ritmo lento della vita che a Milano non era più sostenibile per me. Inizialmente non pensavo di tornare.
Dopo Milano pensavo di spostarmi all’estero, il rientro a casa è stato quasi casuale
. Volevo restare per poco a casa e invece sono ancora qui dopo quasi 10 anni.

Quando, come e perché hai deciso di voler “rimpatriare”?

Dopo qualche anno ho capito che la vita che avevo a Milano non faceva più per me. Sono tornata a casa con l’idea di fermarmi un attimo e poi ripartire, in realtà ho trovato lavoro subito e sono rimasta

Milano era diventata frenetica. Lo era sempre stata, probabilmente, ma mentre prima avevo l’impressione di poter fare qualcosa, trovare la mia carriera e la mia vita “da grande”, col tempo mi sono resa conto che avrei dovuto continuare a correre senza arrivare mai da nessuna parte.
Sul lavoro avevo capi poco più grandi di me, quindi c’era poca possibilità di fare carriera; stabilizzarsi nella vita personale era difficile sia per gli orari che il lavoro mi imponeva, sia per il lato economico che per quello affettivo.
Quando vivi a quei ritmi ti crei una rete di frequentazioni che fa la stessa vita ed è difficile costruirsi un’esistenza più stabile.

Come è stato tornare? 

Tornare è stato da una parte liberatorio e avvolgente ma col tempo ho ritrovato tutte quelle dinamiche che mi stavano strette. Vivendole però con qualche anno in più e con la prospettiva di poter cambiare, se l’avessi voluto, mi sono sentita meglio. 

Firenze è stretta, provinciale, chiusa ed estremamente bigotta. C’è poca reale cultura odierna, è una città che vive su un passato che l’ha resa un museo a cielo aperto. 

Ti sei mai pentita di essere tornata? 

Mi sono pentita a volte finché non ho avuto una figlia.

Sei soddisfatta della tua vita oggi?

Non so se posso dirmi soddisfatta o insoddisfatta oggi. Sicuramente ho delle soddisfazioni che prima non avevo e ho smesso di correre alla ricerca di chissà cosa. Mi manca un po’ della vita sociale che mi ero creata con gli amici che mi ero trovata su, con i quali condividevo e condivido tutt’ora interessi e tanto affetto.
Corro comunque per la metà del tempo ma non dietro a voli pindarici.
Faccio la mamma, lavoro e spesso mi sento distrutta
, la mia vita è completamente diversa da quella che avevo e da quella che avrei voluto, per quanto non abbia mai avuto un’idea precisa del futuro. Ma non la cambierei per nessun motivo.
Forse ora non lo capisco, ma tra qualche anno mi guarderò indietro e mi renderò conto che ero (anzi sono) felice.

Rimpatriati è una rubrica dedicata a chi è tornato a casa e a chi vorrebbe tornare ma non ha ancora trovato il coraggio di fare la valigia. La grafica è di Marisa Tammacco.

Valeria de Bari

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