Il Femminicidio: quando si muore a causa del genere
Il 25 Novembre è “la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne“, una ricorrenza istituita dall’Onu nel 1999 per ricordare le sorelle Mirabal, deportate, violentate e uccise per l’appunto il 25 novembre del 1960 nella Repubblica Dominicana. Le sorelle Mirabal sono state evidentemente vittime di femminicidio.
Cosa è il femminicidio?
“Femmicidio” è un termine che deriva dall’inglese femicide, utilizzato per la prima volta dalla criminologa Diana H. Russell all’interno di un articolo del 1992 per indicare gli assassinii delle donne da parte degli uomini per il solo fatto di essere donne.
Il femmicidio è una forma di violenza che nasce all’interno di una società sessista e misogina, in cui la subalternità del genere femminile è considerata un dato di fatto.
Questo tipo di omicidio rappresenta una questione attuale di grande rilevanza sociale, in quanto strettamente connessa al tema della disuguaglianza tra uomini e donne e alla discriminazione di genere. Secondo Skytg24 l’Italia è terza in Europa per il numero assoluto di donne uccise dal loro ex compagno.
È di una settimana fa il ritrovamento del corpo di Giulia Cecchettin, la studentessa ventiduenne di Vigonovo scomparsa l’11 novembre scorso insieme all’ex fidanzato Filippo Turetta, il cui cadavere è stato scoperto vicino al lago di Barcis, in provincia di Pordenone.
In quest’ottica capiamo quanto sia fondamentale educare all’amore, al rispetto, alla libertà nonché sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema del femminicidio.
Questo è proprio quello che i docenti di molte scuole fanno non solo quotidianamente all’interno delle classi, ma anche organizzando eventi attraverso i quali è possibile portare questo messaggio di alfabetizzazione dell’amore anche alla cittadinanza.
La manifestazione contro la violenza del Liceo Classico Da Vinci
A Molfetta, la città in cui mi sono trasferita da qualche anno come ho raccontato nella rubrica Rimpatriati, la manifestazione contro la violenza sulle donne ha raggiunto la sua undicesima edizione. Gli studenti che frequentano il quinto anno, con la supervisione e la regia delle docenti Maddalena Salvemini, Emilia de Ceglia ed Eleonora Sciancalepore, hanno portato sul palco uno spettacolo significativo, del quale vi riporto due testi pregnanti. Il primo, intitolato Ma lei com’era vestito? affronta il tema dell’inutilità e dell’inappropriatezza di alcune domande del tutto fuori luogo che spesso vengono rivolte alle vittime di violenza.
Il secondo, liberamente ispirato a un post di Enrico Galiano, si intitola Ubriache fradicie al party in spiaggia, due quindicenni violentate dall’amichetto e ci parla del trattamento delle notizie da parte di alcuni media che con la loro scrittura influenzano e orientano la percezione della realtà.
Ma lei com’era vestito?
La scena: un tavolo, da una parte una donna di legge (poliziotta/giudice), dall’altra un uomo che è andato a denunciare un furto
Poliziotta: (offre un bicchiere d’acqua all’uomo che beve, visibilmente agitato) Va meglio ora?
Uomo: sì, grazie.
Poliziotta: Ok, può descrivere l’uomo che l’ha derubata?
Uomo: Era alto circa un metro e ottanta, capelli corti e scuri. Mi ha puntato un coltello alla gola e ha voluto che gli consegnassi il telefonino e l’orologio.
Poliziotta: L’ha minacciata di morte?
Uomo: Non ha parlato, ma il suo sguardo era eloquente.
Poliziotta: Signore, ascolti, qui non facciamo processi alle intenzioni: o l’ha minacciata o non l’ha minacciata. Mi dica, piuttosto: lei indossava quello che sta indossando adesso?
Uomo: scusi? Credo di non aver capito.
Poliziotta (indicando l’uomo): è questo che indossava quando è successo?
Uomo: sì, ma…
Poliziotta: (alzando un po’ la voce) Lei sembra provocatoriamente benestante
Uomo (scuote la testa e ride, sconcertato): che significa? Veramente … non capisco cosa possa c’entrare il modo in cui ero vestito … quando mi hanno … derubato …
Poliziotta: Il suo abbigliamento è un po’ come un invito a farlo, no?
Come se lo stesse … pubblicizzando.
Uomo (scuotendo al testa sconcertato): guardi …
Poliziotta: Che cosa c’è? Mi sembra angosciato. Chiamerò qualcuno che possa darle sostegno.
Apre la porta della stanza, entra una donna
Poliziotta: Questo gentiluomo è un po’ agitato … è stato aggredito e derubato poco fa.
Donna (con tono paternalistico) : Oh caro! (si siede accanto alla Poliziotta):
(con sguardo complice): ma, mi dica … aveva bevuto?
Sì, perché in tal caso avrebbe potuto inviare al ladro dei segnali confusi
Poliziotta: sa, perché…illudere qualcuno con un bel vestito, un telefono, un orologio da 10.000 euro e poi, all’ultimo minuto, dire “No. Non voglio essere derubato”.
Uomo (arrabbiato, alzando il tono di voce): Mi ha puntato il coltello alla gola e preteso tutti i miei averi!
Poliziotta (dopo uno sguardo di intesa con la donna accanto a lei) :
E lei … glieli ha semplicemente dati?
Donna (ammiccando, come se lo prendesse in giro): oppure ha gridato? Ha opposto una qualche resistenza?
Poliziotta: (quasi con tono accusatorio) O si è sentito lusingato che un altro uomo desiderasse possedere i suoi averi? Perché, vede, qualcuno … come può sapere che a lei … non faceva piacere consegnare i suoi averi, se non ha reso chiare le sue intenzioni?
Uomo: No, non ho urlato! Ma … avete capito che aveva un coltello! Ero troppo spaventato!!!
Poliziotta (scambia uno sguardo paternalistico con la donna, entrambe annuiscono): e noi siamo davvero comprensive. Ma, allo stato delle cose, temo proprio che dovrà accettare alcune sue responsabilità.
Bussano
Poliziotta: entrate
Entra un uomo
Uomo: (rivolto alla poliziotta): hai intenzione di continuare ancora a lungo?
Ho un signore qua fuori che afferma di ricevere mail ingiuriose da mesi.
Poliziotta: chiedigli in che tipo di carattere sono state scritte .
Se c’è un carattere civettuolo come l’Helvetica, allora se l’è inviata probabilmente da solo.
Uomo: giusto, ok (chiude la porta e va via)
Le due donne si rivolgono di nuovo a chi sta denunciando
Poliziotta: Dunque, dicevamo?
l’uomo si alza di scatto e se ne va borbottando: Ho capito: è inutile denunciare!
Poliziotta: Ecco cosa penso quando sento dire
Insieme: “se l’è andata a cercare! ”
Ubriache fradicie al party in spiaggia, due quindicenni violentate dall’amichetto
Il prof. entra in classe, gli alunni si alzano in segno di saluto. Il prof. fa cenno di sedersi
Prof: Buongiorno, ragazzi. Seduti, seduti. Ci siete tutti? Iniziamo subito, senza perder tempo. Prendete penne e quaderni: devo introdurre un argomento importante e devo assolutamente concluderlo prima che termini l’ora. Parleremo di come si fa l’analisi grammaticale e logica (si dirige verso la lavagna e scrive la frase: Ubriache fradicie al party in spiaggia, due quindicenni violentate dall’amichetto
Chiara (mentre gli alunni ridono): Seee, proof! Che stiamo al ginnasio? Siamo in quinta liceo! Ancora l’analisi logica?
Il prof. continua a scrivere la frase
Prof: Ragazzi, proprio perché siete in quinta ho bisogno delle vostre competenze acquisite in cinque anni per analizzare questa frase. È un titolo che ho letto stamattina su un giornale e mi ha molto colpito. Io non mi raccapezzo. C’è qualcosa che non mi torna. Antonio leggi!
Antonio (legge): Ubriache fradicie al party in spiaggia, due quindicenni violentate dall’amichetto
Prof: Adriana, qual è il soggetto della frase?
Adriana: Due quindicenni
Prof: Brava! ( evidenzia le parole “due ragazze e scrive sopra SOGG., poi si rivolge ai ragazzi) Ragazzi, quindi Quindicenni vuol dire che erano minorenni. In ogni caso, qual è il genere di questo soggetto?
L’alunna esita, i compagni suggeriscono “femminile”
Adriana: Femminile
Prof: E da cosa lo deduci? (sottolinea e scrive FEMM.)
Alessia: Perché gli aggettivi sono al femminile
Prof: Bene, Adriana. (sottolinea e scrive sugli agg. FEMM) Antonio, riflettiamo su questi aggettivi. Quali sono?
Antonio: UBRIACHE e FRADICIE.
Prof: ok. ( rivolgendosi alla classe) Quindi, ubriache e fradicie sono aaa……
La classe (in coro): Attributi del soggetto
Il prof scrive “Attr. Del soggetto”
Prof: Cioè una qualità del soggetto, una informazione in più, che può essere anche accessoria e non indispensabile, ma comunque qualcosa che caratterizza. Secondo voi ci sono dei sinonimi per questi due aggettivi?
Antonio: Brille
Prof: Ma dire “brille” e dire “ubriache” è la stessa cosa?
Desirée: E no, prof. Brillo è uno che ha bevuto uno spritz e magari ride senza motivo, uno ubriaco non si regge in piedi, vomita, non capisce niente.
Prof: E un sinonimo di fradicio?
Rosalba: Marcio, prof., come il legno infracidito sotto la pioggia!
Antonio: Putrido, come la frutta marcia! (fa un verso schifato)
Il prof scrive i sinonimi accanto ai due aggettivi
Prof: insomma queste due ragazze erano in condizioni da fare schifo: vomitavano ed erano marce (gli alunni ridono). Ragazzi, questo si chiama “LESSICO VALUTATIVAMENTE ORIENTATO” (scrive alla lavagna)
Chiara: Com’è, prof?
Prof: Serve, cioè, a far provare ribrezzo per queste due ragazze. Ora consideriamo la posizione di questi due aggettivi.
Desirée: Si trovano all’inizio del titolo. Come quando in poesia diciamo che una parola si trova “in posizione forte”, enfatica, perché è una parola chiave.
Prof: Bravissima! Esatto. E “party” che significa? Tipo una festa di compleanno?
Adriana (ridendo): No prof! È molto più di una festa. Può essere un rave party. (tutti gli altri ridono)
Prof: Cioè?
Rosalba: Dove c’è musica a palla e gira la droga!
Prof: Ho capito. Ora concentriamoci sul verbo. Qual è il predicato verbale nella frase?
Alunni: Violentate
Prof: in effetti questa è una frase nominale e “ violentate” è un participio passato di un verbo transitivo che ha sempre valore…
Alunni (insieme): Passivo!
Prof: Bravissimi! (mentre gli altri applaudono il prof. scrive alla lavagna “Passivo”) Quindi le ragazze sono soggetti di una forma passiva, ma sono sempre soggetti, insomma le protagoniste, quindi la causa di tutto ricade su di loro. E “amichetto” che tipo di parola è?
Antonio: È un diminutivo
Desirée: È carino! Tipo “orsetto”, il peluche preferito di mia sorella.
Prof: Quindi “amichetto” è un bel vezzeggiativo, che rende tenero e degno d’affetto questo ragazzino che, da complemento d’agente, cioè colui che effettivamente compie l’azione subita dal soggetto, si trasforma in un orsetto inoffensivo. Viene quasi da coccolarlo un po’ questo piccolo ometto che ha stuprato le due ragazze.
(gli alunni si guardano tra loro un po’ allibiti)
Provate ora a parafrasare con parole vostre questo titolo.
Antonio: Eh, prof., si capisce che ‘ste ragazze hanno bevuto un botto e poi è normale che qualcuno se ne approfitta!
Prof: Ecco, proprio qui volevo arrivare, Antonio. Queste due ragazze, VITTIME di uno stupro, attraverso titoli di questo genere, attraverso l’uso di determinate parole, vedono sminuita la gravità del fatto subito, si vedono raccontate attraverso l’ottica distorta del carnefice, come delle provocatrici: la colpa è loro, “se la sono cercata”. La responsabilità dei mass media è enorme perché, a volte, un titolo o un articolo possono contribuire ad alimentare quel senso di isolamento che spinge le vittime della violenza di genere a ritirare le denunce. Le donne, così, diventano vittime una seconda volta: si parla, infatti, di vittimizzazione secondaria.
Allora, proviamo a fare questo esercizio: scriviamo un titolo semplice semplice, anche con meno parole, trasformando questa frase da passiva in attiva e lasciando le informazioni essenziali ed oggettive.
Gli alunni pensano un po’, poi Chiara si alza e scrive alla lavagna:
“Giovane violenta due ragazze minorenni in spiaggia durante una festa”.
Chiara: Così è tutto più chiaro, prof!
Valeria de Bari
L’immagine in copertina è stata scattata da Antonio Stasi.
Un pensiero su “Il Femminicidio: quando si muore a causa del genere”